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Damasco Nascosta

Questa passeggiata per la Damasco (Dimasq, as-Sham) meno conosciuta è indicata per chi avesse almeno dieci giorni a disposizione per un viaggio in Siria, oppure per chi volesse approfondire la visita della città dedicando un weekend a Damasco.
Non racconterò della Moschea degli Omayyadi (n.10) né di Palazzo Azem (n.11) oppure del Khan Assad Pasha (n.12), monumenti conosciuti da tutti e prima meta di una visita alla città, e nemmeno di quei monumenti “obbligati” per qualsiasi tour operator o turista. Ma passeggeremo invece tra quelle bellezze nascoste ma non meno importanti, che sfuggono al frettoloso viaggiatore solo perché non si trovano lungo le vie più turistiche della città vecchia.
Mi soffermerò in particolare sui quartieri a sud della via recta romana, l’attuale Madhat Pasha Steet, ossia Shagoor (pro: Shaguur), Mi’zanat ash-Sham e al-Amin.
Avendo di fronte a noi l’ingresso del suk al-Hamidiyyeh (Bab al-Naser/porta della vittoria-n.1) andiamo verso destra salendo per la grande strada trafficata, dopo un po’ alla nostra destra vedremo la moschea di  Derwish Pasha (1572-75)-n.13, costruita da questo governatore della città, che riposa nella tomba a fianco. La facciata secondo lo stile Mamelucco alterna fasce di pietre bianche e nere, ed un bel muqarnas (caratteristico tipo di decorazione a stalattiti dell’architettura Islamica) sopra il portale d’ingresso. Entrando si accede ad una piccola corte con portico, degni di nota sono i pannelli decorativi in faience, la sala per la preghiera segue lo stile Turco.
A questo punto deviamo un attimo dal percorso per visitare un monumento unico nel suo genere, avendo alle nostre spalle la moschea di Derwish Pasha entriamo nella città vecchia imboccando la strada di fronte a noi, attraversiamo la piazza Hariqa (pedonale) continuando dritti di fronte a noi, la terza strada sulla sinistra ci porterà al Maristan Nureddin (n.14), lo riconosceremo per lo splendido arco a celle dipinto di bianco che sovrasta la porta. Si tratta di una delle istituzioni islamiche più importanti di Damasco (l’ospedale di Nureddin), ora museo della medicina araba vale certamente la pena di visitare l’interno. Fu fondato da Nureddin (colui che unì la Siria contro i Crociati e consegnò poi la regione unificata al nipote Saladino) nel 1154 subito dopo che Damasco venne annessa ai suoi domini. Sopra la porta d’ingresso l’architrave e un riutilizzo, si entra a questo punto e si rimane stupefatti dalla splendida volta a muqarnas bianchi, che vista dall’esterno è rosso mattone e sviluppa i muqarnas in senso contrario rispetto all’interno, si tratta di uno stile d’importazione irakena arrivato in Siria con i Turchi Selgiuchidi. La corte interna del Maristan presenta degli iwan su ogni lato ed una fontana nel mezzo, ricca di decorazioni e marmo per mantenere fresco l’ambiente. Torniamo ora alla moschea Derwish Pasha e continuiamo a percorrere la strada trafficata, sempre sulla destra abbiamo la Madrasa Sibaiye (1509-15)-n.15, un collegio costruito per commemorare Sibai governatore di Damasco. Costruita alla fine del periodo Mamelucco secondo il classico stile di pietre bianche e nere, con un muqarnas sopra il portale d’ingresso, all’interno utilizza elementi più antichi come l’iscrizione cufica in marmo dell’XI sec.
Continuando per la stessa strada, la nostra attenzione sarà catturata dal minareto smaltato di verde della moschea Sinan Pasha (n.16), sulla sinistra. Nello spazio antistante lavoratori a giornata aspettano con i loro attrezzi di essere assunti.
Per i fumatori di ‘arghilleh più raffinati, nella piazzetta antistante la moschea, ci sono gli unici negozietti della città dove si vende il tabacco aromatizzato fatto a mano, una vera delizia, specialmente quello proveniente dal Bahrein.
Torniamo alla nostra moschea, completata nel 1590 da Sinan governatore di Damasco, è caratterizzata dal verde minareto e dal cortile interno, piccolo ma una vera oasi rispetto al caos esterno. Lo stile è un misto tra Ottomano e siriano, degne di nota sono le decorazioni in faience delle arcate, manifattura locale ma secondo la tradizione delle famose ceramiche di Iznik.
La sala da preghiera è eccezionalmente bella e vale una visita.
Curiosa è però la storia di questo governatore che costruì la moschea, pochi sanno infatti che era italiano, Scipione Cicala messinese di famiglia genovese, fu anche Visir e Gran Capitano della flotta Turca. Il padre di Scipione era un nobile corsaro che venne catturato assieme al figlio con la sua nave, quest’ultimo studiò e crebbe alla corte di Istanbul facendo carriera. Si convertì all’Islam, assunse il nome di Cigala-zade (figlio del Cicala) Yusuf Sinan, e tornò più volte in Calabria dove appoggiò il tentativo insurrezionale del frate domenicano Tommaso Campanella.
Visitata la moschea di Sinan Pasha abbiamo due opzioni, continuare per la strada trafficata entrando nel suk coperto, oppure imboccare la stradina a sinistra della moschea ed entrare nella città vecchia, nel quartiere di Shagoor, entrambe le opzioni ci porteranno alla fine alla porta piccola, Bab al Saghir (n.3). Vediamo l’itinerario imboccando la stradina a sinistra della moschea, tra i venditori di abiti e scarpe usate, questa ci porterà a scontrarci con il venditore di fave e zuppa, prendiamo la prima strada a destra e subito a sinistra, passeremo sotto la seminascosta Bab al-Jabiye (la romana porta di Giove)-n.2, ricostruita utilizzando blocchi romani durante il periodo di Nureddin (1164). Subito dopo la porta giriamo a destra e imbocchiamo una stretta strada fitta di negozi di abiti, percorriamola tutta fino alla fine, giriamo a sinistra e andiamo dritti fino alla moschea Yaghoshiyyah, qui seguiamo la strada che gira a destra, poi verso sinistra sale passando sotto una zona coperta da un bel pergolato con una piante di vite. Saliamo fino in cima ad una collinetta e discendiamo, senza mai deviare dalla strada principale, arriveremo alla fine della strada e sulla destra avremo il grande portale borchiato di Bab al-Saghir (n.3). Questa porta romana (la porta di Marte), venne ricostruita in epoca Ayyubide col nome di porta piccola e ancora parzialmente ricostruita da Nureddin nel 1156.
Le dimensioni sono piccole, come dice il nome, e il minareto della moschea aggiunge un tocco bizzarro al tutto. All’esterno della porta vi è un vivace mercato popolare di verdura e soprattutto tre macellerie, con all’esterno appesa una testa di dromedario, qui vendono e vi cucinano kebab di dromedario, se volete provare e se si è fatta ora di pranzo potrete accomodarvi all’interno. La carne di quest’animale non ha un gusto particolarmente forte ed è molto magra, se il macellaio non vi aggiunge molto grasso alle polpette.
Fino ad ora abbiamo percorso il quartiere di Shagoor, secondo alcuni il nome sarebbe una corruzione di Saghir-piccolo, ma l’attribuzione è dubbia. Più probabilmente il termine deriva da Shaghr/Thaghr (luogo dove scorre l’acqua), in quanto questa zona sarebbe stata un tempo ricca d’acqua, di fiori, una zona verde, grazie ad uno dei molti canali (ora sotterranei) che attraversavano Damasco.
Il secondo itinerario per arrivare sempre a Bab al-Saghir, lascia sulla sinistra la moschea di Sinan Pasha e continua per la strada percorsa dalle macchine infilandosi sotto al suk coperto, suk dei conciatori e dei venditori di ‘arghilleh. Terminato questo suk, non più lungo di 100m, si arriva ad una diramazione, andando a sinistra si arriva all’esterno di Bab al-Saghir percorrendo sharia al-Bedawi (la via dei beduini), ricca di vecchie case in mattone crudo e legno.
Andando invece a destra si incontra in sequenza (sulla destra) la moschea al-Ajami, la Madrasa Sabuniye, il Mausoleo di Wali al-Shaibani e poi sulla sinistra il Mausoleo di Sheikh Hassan.
La moschea al-Ajami (n.17) è al tempo stesso scuola coranica e tomba, costruita dopo il 1348 commemora il mercante persiano Afridun al-Ajami, la pianta è un raro esempio (per Damasco) di una moschea a pianta cruciforme. La facciata in tipico stile mamelucco.
La Madrasa Sabuniye (n.18) costruita nel 1459-64 da un ricco mercante all’esterno presenta la pietra bianca e nera già vista in altri monumenti, come il Mausoleo di Wali al-Saibani (n.19).
Poco dopo sulla sinistra vedremo le rosse cupole del Mausoleo Sheikh Hassan (n.20), la prima strada sulla sinistra dopo il mausoleo, ci porterà dopo un centinaio di metri all’ingresso (a destra) del grande cimitero di Bab al-Saghir (n.21). Il cimitero, può sembrare una destinazione insolita per una visita, ma oltre ad essere molto suggestivo e ad essere il più vecchio della città, è in uso sin dal primo Califfo e le tombe più antiche sono circondate da un’aurea leggendaria.
La prima tomba degna di nota e meta di pellegrini Sciiti che vengono dall’Iran per pregare, è la sepoltura della figlia del profeta, Fatima, moglie del personaggio che gli Sciiti venerano alla stregua di Allah, il genero di Maometto, Ali.
Altri preferiscono vedere nella sepoltura un’altra Fatima, comunque sia la cosa la tomba attira un numero considerevole di visitatori.
Un po’ più a nord della prima tomba vi è la seconda, quella di Suqaina, figlia di Hussein il martire di Kerbala venerato dagli Sciiti e la cui testa si trova nella grande moschea degli Omayyadi.
Gli edifici sono riconoscibili per la cupola verde e per il flusso di pellegrini.
Più a sud di questa seconda tomba, vi è quella del fondatore della dinastia Omayyade, Muawiyya (Califfo nel 661-81) segnalata con un semplice cenotafio quadrato.
Usciamo dal cimitero per la stesso ingresso da cui siamo entrati e svoltiamo a destra, percorriamo la strada, sulla destra vedremo la sobria moschea Jarrah, di fronte a questa molte iscrizioni e lapidi tombali sono state riutilizzate nella costruzione del muro.
La strada ci immetterà in Sharia al-Bedawi e poi arriveremo a Bab al-Saghir.
A questo punto ci siamo ricongiunti col precedente itinerario, lasciando alle nostre spalle Bab al-Saghir, andiamo alla scoperta di alcune tra le più belle case di Damasco.
Imbocchiamo la terza strada sulla destra, e poi giriamo alla prima a sinistra, un cartello ci indicherà Beit Sibae’i (1769)-n.22, la casa è composta di tre corti interne e rappresenta un bel esempio della tipica casa damascena del periodo. Vi è la corte con gli ambienti destinati agli ospiti (Salamlek), quella per le donne e la famiglia (Haramlek), e la parte di servizio (Khadamlek). Sulla grande corte con fontana ottagonale e alberi di limoni, si apre un bel Iwan, si tratta di un elemento tipico delle case arabe, una stanza aperta sul lato che da sulla corte, con soffitto decorato così come le pareti, lo spazio è amplificato dal grande arco. Se invece di girare a sinistra all’ultima deviazione avessimo proseguito dritti e poi fossimo andati a destra, un altro cartello ci avrebbe indicato Beit Nizan (1758)-n.23. Le grandi corti ricche di piante, le accurate decorazioni ci rimandano a Palazzo Azem vicino alla grande moschea, ma con un tono più famigliare.
Percorriamo ora un quartiere della città poco visitato, assente di monumenti importanti, ma ricco di splendide case che naturalmente non vedremo ma sarà bello gironzolare tra le solitarie stradine, sbirciare dalle finestre di case abbandonate e scoprire dei tesori di architettura all’interno, fino ad arrivare a quello che fu il quartiere ebraico (al-Amin).
Torniamo a Bab al-Saghir e avendo la porta alle nostre spalle giriamo a destra e percorriamo la strada fino alla fine, giriamo a sinistra e poi subito a destra, proprio sotto alla casa slanciata ed inclinata. Alla fine della strada non passiamo sotto l’arco ma giriamo a sinistra e alla prima a destra, proprio all’angolo si trova Beit Moa’llem (n.24), poco più avanti sulla destra una vecchia abitazione è diventata l’Hotel Talisman, suonate per visitarla. Se invece di girare a destra andiamo dritti e poi svoltiamo alla prima strada a sinistra, un cartello ci indica Beit Dahdah (Farhi Pasha)-n.25, questa visitabile, è una splendida casa con decorazioni a profusione, è abitata dalla famiglia Dahdah e probabilmente una gentile signora vi aprirà e con un ottimo inglese vi porterà alla visita della sua abitazione, purtroppo non concede di fotografarla.
Torniamo a Beit Moa’llem e al Talisman Hotel, percorriamo la strada fino alla centralina elettrica, di fronte a noi c’è Beit Bekae’i (Lisbona)-n.26 ricca di sontuose decorazioni all’interno, che attende urgentemente un restauro, si tratta forse di una delle più belle case della città. La strada comincia a salire, passato il posto di polizia, sulla sinistra sopra la porta di una delle vecchie case lì presenti, vedremo un’iscrizione in ebraico che ci indica la Sinagoga, siamo nel cuore del quartiere ebraico di al-Amin, una collinetta denominata Tell al-Hajjar (la collina delle pietre). Alla nostra destra è presente un piccolo polmone verde nella città vecchia e dopo questo la porta della città chiamata Bab Kisan (la romana porta di Saturno)-n.4. Ora nella piazzetta che incontreremo, possiamo decidere di girare a sinistra o di andare dritti, in ogni caso si arriva ad un giardino (n.27) prospiciente la via recta, siamo non molto distanti da Bab Sharqi (la porta orientale, la romana porta del sole)-n.5.
Decidiamo di non andare verso Bab Sharqi a destra, ma in direzione contraria, costeggiamo l’arco romano della vittoria che abbiamo alla nostra sinistra ed andiamo avanti, infiliamoci nella seconda strada sulla destra, la riconosceremo perché per un attimo rifiateremo dopo aver fatto in senso contrario la trafficata Madhat Pasha. Dopo 50 m sulla destra un grande portone ci indica l’ingresso di Maktab Anbar (1867 ancora in costruzione)-n.28, era la casa di un ricco ebreo, ora Palazzo della Cultura Araba, essendo un edificio pubblico è visitabile fino alle 15.00 (come Beit Siba’i e Beit Nizan). Meritano una visita i tre cortili interni, le splendide decorazioni ed i giardini ricchi di frutti e di bungaville. Gli elementi decorativi ed il tipo di architettura rimandano alla Spagna moresca piuttosto che alle case di Damasco.
La nostra visita è quasi terminata, ma voglio segnalare alcune cose che vale la pena di vedere e che non si trovano in questa parte della città: la scuola coranica e Moschea al Azem (n.29), ora negozio di antichità e tessuti, molto bella e dal cui tetto è possibile vedere la grande Moschea degli Omayyadi, si trova a 100 m. da Palazzo Azem (n.11) e la si raggiunge lasciando il Palazzo alle nostre spalle ed andando sempre dritti per la strada di fronte a noi. Sempre continuando per la stessa strada si arriva ad una moschea con annessa la Tomba di Nureddin (Madrasa Nuriye)-n.30, la si vede dalle finestre aperte dell’edificio, e a volte è possibile vedere persone che si fermano di fronte alle finestre in preghiera.
Andiamo ora fino alla grande moschea degli Omayyadi e avendo di fronte l’ingresso andiamo verso sinistra (dopo un poco avremo a destra l’ingresso per la tomba del Saladino), percorriamo la strada fino alla fine e giriamo a sinistra e poi alla prima a destra. Ci troveremo in una stretta strada, schiacciata tra l’imponente mole della Madrasa Zahiriyah (n.31) e Madrasa Adiliyah (n.32), entrambe dominate da una cupola rossa. La prima delle due è il Mausoleo del Sultano Baibars, il quale tra i leader musulmani, fu il più efficace nell’assicurare la libertà alle terre islamiche dal dominio dei Crociati. Alla morte di Baibars (1277) a Damasco il figlio acquistò una casa privata (Beit Akiki) nella quale aveva vissuto il padre di Saladino, Ayyub e la trasformò in Mausoleo. Nell’altra madrasa invece, vi è sepolto Sultan al-Adil Saif al-Din (1218) fratello di Saladino, colui che maggiormente contribuì alla fortificazione di Damasco.
Alla fine della stretta strada sulla destra vi è l’Hammam al-Malik al-Zaher (n.33), dove potrete riposarvi e rilassarvi dopo la lunga camminata, vi attende la sauna, un massaggio e una bevanda ristoratrice nell’ambiente interno (costo totale 250sl/meno di 4€). Quest’hammam data al XII sec. ed è una parte di Beit Akiki, la casa del fondatore della dinastia Ayyubide.
Terminato l’hammam usciamo girando a sinistra e poi nuovamente a sinistra, percorriamo la strada che ci porterà fino alla Madrasa Jaqmaqiye (ora museo dell’epigrafia)-n.34 costruita nel 1418-20 dal Governatore mamelucco di Damasco, Jaqmaq al-Argunsawi che divenne poi Sultano del Cairo nel 1438-52. La facciata è un bellissimo esempio di policromia, all’interno il marmo e i mosaici di conchiglia sono notevoli.
Continuiamo dritti fino alla fine della strada e poi giriamo a sinistra, dopo poco arriveremo ad una moschea moderna, saremo guidati a questa da un flusso di donne vestite di nero, indice del pellegrinaggio presso quest’edificio, vale la pena visitare quest’edificio per l’incontro con una cultura diversa e per lo spirito di religiosità che emana.
Non fatevi intimorire e dopo esservi tolti le scarpe, e per le donne esservi coperte, entrate. Siete ora nel cortile della Moschea sciita di Roqaiyah (n.35), molti pellegrini iraniani e provenienti da paesi di religione sciita saranno seduti con le famiglie a riposare, vedrete uomini con lunghe barbe, visi con occhi a mandorla e cappelli di pelo, un panorama insolito per la pur multiculturale Damasco. All’interno (separato per uomini e donne) rimarrete abbagliati dallo splendore e dalla maestosa decorazione con maioliche colorate e specchi, fulcro dell’ambiente è la sepoltura di Roqaiyah, uomini e donne disperate e piangenti si accalcano per toccare il cenotafio, bambini vengono alzati e strofinati sulle grate per invocare per loro protezione. Visitare questa moschea è un modo per venire in contatto con la religiosità sciita, completamente diversa da quella sannita, più portata all’auto mortificazione e al pianto per i propri martiri.
Interessante è la storia di Roqaiyah qui sepolta, era la figlia di Hussein il martire venerato dagli sciiti, una bimba di soli quattro anni. Quando il padre venne ucciso da Yezid, la cosa non venne comunicata a lei, troppo piccola, ma di notte sognò il padre ed il giorno dopo chiese di lui, Yezid saputa la cosa inviò la testa del padre, quando Roqaiyah vide quello che rimaneva di lui cadde malata ed incosciente per sei giorni, poi morì. Non molto tempo fa la sua tomba si trovava in questa zona in condizioni pessime, abbandonata e con l’acqua del fiume Barada che entrava. Tre ragazze sognarono a turno il sito della sepoltura e la bimba che chiedeva che la sua tomba venisse risistemata, il padre non diede ascolto a quello che chiedevano le ragazze, finchè venne la volta che anche lui fece lo stesso sogno. Da allora la tomba venne spostata e la sepoltura sistemata in modo adeguato, finchè in tempi recenti venne costruita la moschea attuale.
Qui finisce la nostra passeggiata nella Damasco meno nota e visitata, vi posso consigliare ora un gelato da Bakdash fatto in modo artigianale all’interno del suk al-Hamidiyeh, oppure di andare a fumare il narghilleh, ma non dove vi mandano tutte le guide dietro la Grande Moschea al turistico Nufarah Cafè-n.36 (a meno che non vogliate vedere l’ultimo cantastorie della città, qui infatti il narghilleh non è dei migliori), ma all’Al-Bal dove tutto il giorno potrete ascoltare la musica di Feiruz e dove si trovano i ragazzi della città, oppure a Beit Jabri, un’antica casa adibita a ristorante e caffetteria. Per Beit Jabri (n.39) potrete chiedere informazioni in quanto tutti la conoscono, si trova comunque nei pressi della Grande Moschea, dietro Palazzo Azem. L’Al Bal (n.38) lo raggiungerete continuando dritti per la stessa strada del Nufarah, passato l’arco romano (in realtà la porta Jairoon) dopo un poco avrete sulla destra un ingresso al giardino di una bellissima e piccola moschea (al-Fat’hiya)-n.37, la prima strada sulla destra vi porta a tre locali, vedrete l’insegna per l’Al-Bal. Siete nel cuore del quartiere Qaimariyah.
Ora vi saluto anche se molte altre cose sarebbero da visitare soprattutto verso nord (non dimenticate di vedere le porte della città rimanenti: Bab Tuma/La porta di San Tommaso-n.6, Bab al-Salaam/la porta della pace-n.7, Bab al-Faradis/la porta del paradiso-n.8, Bab al-Faraj-n.9 e la Cittadella), le scoprirete da soli, vi auguro una buona continuazione del vostro viaggio.
 



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